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Superbonus 110% – l’apposizione di cappotto termico sulla parete in adiacenza o confinante col fondo vicino con aumento di spessore non costituisce violazione di distanze o sconfinamento laddove il fondo interessato non provi il concreto pregiudizio economicamente apprezzabile

  • 09/02/2022
  • AvvCavallo
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Cassazione Civile – Sez. VI – n. 15698 del 23 luglio 2020

 

È provvedimento della Suprema Corte che, pur non in applicazione “esattamente in termini” attaglia perfettamente all’attuale casistica che può presentarsi in materia di applicazione di cappotti termici et similia su costruzioni, in particolare “cittadine” in adiacenza e/o confinanti, valendo il principio, quivi espresso dagli Ermellini, anche per i lavori eseguiti in regime di rimborso fiscale per il 110% della spesa sostenuta per riqualificazione energetica ed antisismica degli edifici, previsto dagli artt. 119 e 121 del c.d. Decreto Rilancio (D.L. 19.05.2020, n. 34, convertito in Legge 17.07.2020 N. 77 e ss. modificazioni).

Visti i particolari vantaggi in tema di cessione del credito d’imposta (a costruttori e/o a banche), sono tempi in cui è nei fatti l’ampio ricorso allo strumento da parte in particolare dei condomini, soprattutto al fine d’assicurarsi il doppio salto di classe energetica dell’immobile, e fra i lavori in esame rientra sicuramente la realizzazione di un cappotto termico sulle facciate, per intervento che può essere realizzato, specie nei centri abitati cittadini ad alta intensità abitativa, anche in aderenza alle pareti esterne.

Detti cappotti e/o interventi equipollenti portano ad incremento di spessore della parete interessata (per ipotesi dai 10 ai 20/25 cm), comportando il manufatto, per quanto attiene agli aspetti esaminati dalla Suprema Corte, due problematiche d’ordine giuridico: da un lato, eventuali ipotesi di mancato rispetto delle distanze di legge e, dall’altro, l’ipotesi d’eventuale sconfinamento nella proprietà altrui. Problematiche di particolare in teresse laddove si verta di muri in aderenza e/o confinanti.

Da un lato, la prima ipotesi è compiutamente normata dalla predetta normativa (Art. 13) che dispone che, nel caso d’interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, il maggior spessore delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori, necessario per ottenere una riduzione minima del 10% dei limiti di trasmittanza, non viene considerato nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e dei rapporti di copertura, consentendo in ogni caso anche la deroga a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in punto di distanze minime, tra edifici, dai confini di proprietà, e di altezze massime degli edifici. Non è invece, e comunque, e solo, consentito derogare alle distanze minime previste dal Codice Civile.

Dall’altro lato, nel caso di sconfinamento per applicazione di cappotto termico e/o equipollente, in specie ai fini del superbonus 110%, per il caso di immobili adiacenti, si pone il problema del maggior spessore, sia pur di pochi centimetri, delle pareti interessate che appoggino o si affaccino sulla proprietà altrui e/o che si fermino ad una certa altezza dal suolo.

La Sentenza in parola individua negli istituti giuridici della servitù e/o di un diritto di superficie e dipana, per disciplina senz’altro applicabile anche in tema di lavori superbonus (il cappotto in facciata ne è una ordinaria ed abituale applicazione), i diritti delle parti, laddove non può certo dirsi che si possa impedire e/o si debba rinunziare all’efficientamento energetico di un edificio, in specie a causa delle rivendicazioni del fondo confinante sul quale va ad aggettare il maggior spessore.

La recente ordinanza della Corte di Cassazione Sez. VI-2, ord. 23.07.2020 n. 15698) si è infatti chiaramente pronunciata in tema di un cappotto termico realizzato sulla facciata di un edificio condominiale confinante con il terrazzo del vicino, per una sporgenza di circa 10 cm, che comunque terminava a circa un metro d’altezza dal piano di calpestio del predetto terrazzo.

Il provvedimento in commento ribalta una Sentenza del Tribunale di Milano e della Corte di gravame (resa in tema di cappotto termico, quand’anche non ancora resa in tema di lavori cd. “superbonus”, ma sempre – e a maggior ragione – in tema d’efficientamento energetico), affermando chiaramente che “il proprietario non può opporsi, ai sensi dell’art. 840 C.C., comma II, ad attività di terzi (quale, ad esempio, l’immissione di sporti [ndr. sporgenze]) che si svolgano a profondità od altezza tali che egli non abbia interesse ad escluderle e, pertanto, ove ritenga di contestarle, è suo onere dimostrare che dette attività gli arrechino un pregiudizio economicamente apprezzabile, da intendere non in astratto, ma in concreto, avuto riguardo alle caratteristiche ed alla normale destinazione, eventualmente anche futura, del fondo, ovvero alla possibile utilizzazione di tale spazio a scopo di sopraelevazione”. I principi applicabili in materia, richiamati dalla stessa Corte i numerosi precedenti (Sent. n. 4664/2018; n. 9047/2012; n. 17207/2011; n. 20129/2004; n. 12258/2002; n. 13852/2001; n. 1484/1996) sono dunque due: da un lato, le sporgenze non devono pregiudicare il concreto utilizzo del fondo altrui, mentre dall’altro, l’onere della prova di detto pregiudizio spetta sempre a chi ne lamenti la sussistenza, ed è prova che dev’essere fornita rigorosamente  in concreto, nel merito, non potendo basarsi su soggettive sensazioni e/o disagi eventualmente patiti, risultando di superiore interesse, anche di natura pubblica, potrebbe dirsi, l’esigenza di riqualificazione energetico-sismica del cespite interessato dagli interventi, a maggior ragione in regime di superbonus.

Afferma la Suprema Corte, nel recente provvedimento, che “l’installazione del cappotto termico sulla facciata, che occupi parzialmente lo spazio aereo sovrastante il terrazzo altrui, non esonera il Giudice dal valutare se, ed in che misura, sussista un concreto interesse del proprietario sottostante ad opporsi a tale, pur limitata, invasione della colonna d’aria”. In caso d’opposizione del fondo vicino, le ragioni dello stesso andranno valutate caso per caso e dovrà comunque essere chi s’opponga allo spessore a provare che lo sconfinamento del cappotto arrechi un pregiudizio concreto ed economicamente apprezzabile, pena il rischio di risarcire il danno in caso di soccombenza alla lite.

Nel caso in provvedimento è stato ritenuto pienamente legittimo lo sconfinamento di 10-15 cm di cappotto realizzato su di una facciata (pure finestrata) confinante con un fabbricato adiacente d’altezza inferiore, laddove il maggior spessore occupava una porzione sovrastante il lastrico del vicino, sul quale comunque il cappotto in parola non s’appoggiava, non potendo lamentare il proprietario del fabbricato adiacente alcun concreto pregiudizio.

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